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lunedì 9 gennaio 2012

Intervista a Cheikh Tidiane Gaye autore di “Curve alfabetiche”, silloge poetica

a cura di Stefano di Stasio

Dalla quarta di copertina:

…Ho curato la mia ferita nel ventre del flauto
non mordo il suono del vento
colgo l’aria per dissodare le bocche orfane di melodie
e seppellire le doglie delle notti tristi…


1. Buongiorno Cheikh. Vorrei cominciare l’intervista con una sua poesia che leggo in "Curve alfabetiche":

Che il sogno si nutra di incubo
non sorprende nessuno
che la notte si vanti del buio
ci rende solo felici
che l’alba dipinga di latte il cielo
ma dal profumo della parola
vorrei che si cantasse il futuro
perché domani sarà sempre una nuova alba.

Che cosa è per lei il futuro?

Il sogno è per essenza l’attività del poeta, il sognatore costruisce il suo mondo, la sua vita e tramite il suo potere linguistico e le sue emozioni ne esce come vero protagonista. Il futuro è quindi per eccellenza l’ideale del poeta, il traguardo, a volte raggiungibile a volte inavvicinabile, ma il sogno dà sempre speranza. Anche i poeti della tradizione orale africana hanno questa particolarità. Il futuro visto come il mondo reale e/o virtuale da costruire.
Il poeta si tuffa continuamente nel sogno e non si allontana mai della "Repubblica". È suo dovere denunciare, rivendicare, tracciare orizzonti nuovi e promettenti.

2. Il tema della parola ricorre nelle sue liriche. Per esempio in "Sono il maestro della Kora" inclusa in un’altra sua raccolta "Canto del Djali" dove scrive:
detesto le parole oscure e la sobrietà è la forza dei miei pensieri.
La storia è sulla punta delle mie labbra, la parola è il sangue
che vivifica le mie vene

Viene fuori un concetto di parola come embrione, sangue e vita, come acqua dei cuori assetati. Infine, lei canta di parole alate, partorite dall’accoppiamento di consonanti e vocali. Nella lingua Wolof parlata in Senegal diversi concetti nascono da dettagli legati al corpo, al fisico, la vita come respiro. Nelle culture delle società del terzo millennio, a est come a ovest, a nord come a sud, il linguaggio tecnico e gli aridi slang informatici sono tiranni. È evidente come si tende a sottovalutare il ruolo delle parole. Ci può descrivere l’aspetto fisico delle parole, come le immagine, quali sono per lei le loro qualità più "corporee"?

La parola nella tradizione poetica africana diventa il polmone del linguaggio in generale. L’effetto della parola è molto più potente del fulmine, del cratere del vulcano o dell’uragano. La memoria è rappresentata dalla parola quindi l’utilizzo richiede molto il senso elaborativo e conservativo. La modernità ha rivoluzionato molto, per il bene dell’umanità intera, i mezzi di comunicazione, la poesia ha un altro scopo: esteriorizzare le emozioni tramite la bellezza e l’arte della parola. La parola diventa luce e non tenebre.


3. Nella lirica "Non sono poeta" lei afferma: Taglio le mie sillabe nel fuoco della purezza, / sono l’angelo delle maschere, invisibile la notte / nelle tenebre delle parole / che tracciano i gloriosi canti dei guerrieri. / Non sono poeta, / lo sarò.
La poesia è da sempre legata alla leggenda. Nelle culture di derivazione ellenistica, siamo abituati alle gesta di eroi antichi che, come accade nell’Iliade o nell’Odissea, combattono mostri ed esseri malvagi dai poteri sovrannaturali per conquistare la luce e la conoscenza. Nella sua visione del mondo, qual è il ruolo della scienza e della conoscenza , di quella curiosità innata nell’uomo che lo spinge alla scoperta, a superare i limiti proibiti, a oltrepassare le "colonne d’Ercole" dei mari conosciuti?


I versi sono eloquenti. Attingo le mie strofe nel più profondo della mia cultura orale, ogni parola ha il suo peso, il suo significato e la sua genesi. La poesia orale si basa fondamentalmente, oltre che sul contenuto molto istruttivo e educativo, sul modo di tessere ogni verso, che diventa prima di tutto canto, ode e poi ritmo. La scienza farà il suo percorso, la poesia, ovvero la tradizione poetica, deve conservare la sua "coscienza" e la sua identità. È solo in questo modo che si potranno conservare le nostre radici, in un’epoca di mondializzazione, che tende, sempre di più, a seppellire il passato culturale dei popoli. L’esistenza delle maschere può essere interpretata come il mondo sovrannaturale, da un europeo, ma, per l’africano, non lo è affatto, perché gli dèi fanno parte della nostra vita. Le cerimonie africane dimostrano, ad esempio, una richiesta continua d’aiuto agli spiriti. Le odi rivolte agli spiriti sono numerose e sono poesie, come fossero strofe sfornate oralmente dal cantastorie e accompagnate dai ritmi dei tam-tam durante la stagione della pioggia, i funerali, i battesimi.


4. Alcuni suoi lavori sono in lingua Francese. Per esempio nella lirica "La linfa che canta" tratta da Ode nascente pag 68-69 leggiamo:

...J’ai semé des graines, a fleuri une plante.
J’en ai sculpté une plume et dans la sève une encre, le feuillage le message sublime comme édifice…


…Sois le poète aux vers de vérité et relève toi des Balkans, foule la terre parfumée d’Orient pour
soulever le rêve des peuples


Il ruolo del poeta è intimamente legato a immagini della natura. Quali sono nelle società multietniche i semi dell’amore universale? Quali colori immagina per una società che è destinata a essere sempre più crogiolo di etnie e crocevia di linguaggi?

Il bilinguismo è molto bello e permette al lettore di rilevare le differenze musicali e la "corrispondenza delle arti", come si dice. Il poeta è il moltiplicatore di progressi, il vate della società o della nazione in cui vive. Egli è il difensore ed il guardiano delle tradizioni culturali. Il contenuto dei suoi versi può essere di ogni di colore, il linguaggio ha il suo senso allattato dalle matrici linguistiche di appartenenza e non solo. Il poeta diventa ponte di culture.


5. Lei ci ha parlato spesso con devozione di Léopold Senghor Sédar. Trenta anni fa circa, quando esploravo per la prima volta la possibilità di visitare la Casamance, rimasi colpito da questa figura di poeta e presidente del Senegal, in un’Africa nera popolata all’epoca da dittatori e mercenari, in cui si versavano fiumi di sangue nelle stragi di pulizia etnica. Chi è per lei Senghor Sédar?

La vita dell’uomo è una leggenda. Politico ha un grande merito: è quello di aver fondato una nazione solidale. Ma rimaniamo sul personaggio letterario. Brillante studente, ottimo poeta, grande difensore della cultura del suo popolo e vero propugnatore di un movimentato la Negritudine che all’epoca è stato molto studiato in Europa e nel mondo. La sua creatività è stata lodata dai grandi studiosi. Conoscitore del latino e del greco, egli ha avuto anche il merito di incitare i popoli a sposarsi per l’eternità. Tale dottrina è l’universalità delle culture e dei popoli. Senghor ha aperto al mondo le vie universalizzanti e umanizzanti. È stato un grande visionario e le sue teorie sono oggi oggetto di ricerca. Fu l’uomo che difese l’esistenza della cultura della diaspora nera.


6. Leopold Senghor Sedar scrive "Donna nera" che lei ama ricordare spesso:

Donna nuda, donna oscura
Olio che nessun soffio increspa, olio calmo ai fianchi d’atleta, ai fianchi dei principi del Mali
Gazzella dalle giunture celesti, le perle sono stelle sulla notte della tua pelle…

Ci può parlare dell’Africa che immaginava Sedar Senghor e in quella che lei ha vissuto?

Il personaggio in questione fu un genio della parola, sapeva dare armonia e ritmo, suoni e immagini alle sue strofe. Con la parola ha saputo difendere la cultura del suo paese. Egli ha ridato dignità ad una cultura derisa nella storia per secoli.
 
" Donna nera, donna nuda" è molto nota come poesia, una cantilene in Africa francofona. Certo la poesia è un’ode alla donna nera, l’anafora che dà ritmo alla poesia si nota per prima. Il verso: "le perle sono stelle sulla notte della tua pelle" è molto simbolico. La donna considerata come astro (stelle). Infatti è una presa di coscienza dei valori della Negritudine, la liberazione delle tenebre a favore della conoscenza. Conviene rilevare che la donna viene elogiata. L’Africa è magnificata con l’evocazione del Mali e della fauna.


7. Nella cultura laica dell’Italia di oggi si fa fatica a indicare ai propri figli sia un’etica possibile sia una prospettiva di dignità dell’uomo. Lei ci parla ne "Il giorno": 
 …e non so in quale notte / canterò di nuovo per addobbare il mio albero / che rifiuta di fiorire i miei sogni.
Di che cosa parla lei con i suoi figli quando si discute della prospettiva, di che cosa diventerà l’uomo domani o forse già oggi?

Interpretare i versi di un poeta non è impresa facile. Il poeta è per natura una persona ambigua e nello stesso tempo limpida e sensibile. Il futuro è figlio del mistero e chi sa quello che accadrà viene chiamato " mago". Il sogno che svanisce, che " rifiuta di fiorire", i giorni difficili del passato e l’incertezza della vita mi interpellano. Ed è vero che a volte le esperienze partecipano molto all’incremento dell’uomo, ma nessuno augura che i suoi figli attraversino strade dolorose e faticose. Un buon padre non vuole vedere la sofferenza dei suoi figli.

8. Nel suo lavoro "Ode Nascente" edita da Edizioni dell’arco, 2008 lei parla di "Pelle nera" e ci regala tratti di lirica che sembrano scaturire dall’essenza stessa delle sue origini:

Ho ritrovato il mio sangue
La sillaba che raccoglie le stelle dell’unico cielo
La parola che canta il grano della sabbia
Il peso del ritmo e il tempio della cadenza…
…la tua pelle è canzone che fiorisce in parola
il vento della primavera, il peso notturno
la tua pelle non è la stuoia sdraiata nelle ceneri della viltà
è l’arte del tempio d’oriente e dell’occidente
che figlia le sillabe immortalate sotto il sole del Sahel …

Tidiane il suo modo di fare poesia mi fa ricordare per certi versi i componimenti di Sergej Aleksandrovič Esenin per la potenza evocativa delle parole. Di che cosa le parla la sua memoria, che cosa evoca nel suo animo quando scrive de il fuoco di mezzanotte e le parole degli anziani ?

Nella mia scrittura l’ode alla parola è un assioma importante. Non è una scelta personale, è una realtà profonda connessa alla mia realtà culturale che considera la parola come ossigeno. La parola rappresenta la memoria, il portatore di quella memoria fu il vegliardo e/o il cantastorie. Il versificatore africano mette sempre in evidenza la forza della parola come pilastro del suo racconto e dei suoi versi con l’uso molto articolato di sfumature, di ritmi, suoni e soprattutto di immagini.
Intorno al fuoco nelle serate leggendarie, una sola voce si faceva prevalere: era quella dei saggi depositari secolari della memoria collettiva e della dignità della cultura ancestrale. Questa è l’Africa che canto, che lodo, che valorizzo nella mia scrittura e nei miei versi.


9. Un’ultima domanda per un dubbio personale. In un suo componimento inserito nella raccolta "Curve alfabetiche" lei scrive:

Canto la bellezza dei fiumi
la brillanza del sole e della lunae non vorrei che l’essere amasse
il suo prossimo
l’amore nasce tramite la parola
strappo la dolcezza del remo
remo sin sulle spiagge della felicità.


Perché non vorrebbe che l’essere amasse il proprio simile o non ho ben inteso le sue parole?

L’amore, la concordia, l’unione, la fratellanza, la coesione sono i pilastri della mia scrittura. Canto la beltà in tutti sensi. Perché dobbiamo sopprimere l’altro? L’essere sottinteso come concetto di esistenza non deve offuscare il perimetro di sviluppo intellettivo dell’altro. Nel cerchio esistenziale l’altro occupa un posto importante, occorre più socialità e più apertura per la valorizzazione del nostro essere, della nostra esistenza.

© Intervista realizzata da Stefano di Stasio il 26 Dicembre 2011 e 6 Gennaio 2012. Pubblicata su Parole e Fotografie il 10 Gennaio 2012 / Ò Ogni riproduzione è riservata.

SCHEDA DEL LIBRO
 


Titolo: Curve alfabetiche
Autore: Cheikh Tidiane Gaye
Editore: Montedit

Data di Pubblicazione: Luglio 2011
Collana: Le schegge d’oro
ISBN: 9788865870808
Pagine: 40
Formato - Prezzo: Brossura - 6,50 Euro

Note: premiato con "L’imbuto del tempo" nella sezione Poesia Inedita del Premio Archè Anguillara Sabbazia 2010

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